La distinzione tra meditazione Vipassana e altri stili di meditazione è cruciale e deve essere pienamente compresa. Il buddismo ha due principali tipi di meditazione: queste si rivolgono a diversi tipi di abilità mentali, modi di essere e a diverse sensibilità.
In Pali, la lingua originale della letteratura Theravada, si chiamano Vipassana e Samatha.
Vipassana può essere tradotto come “vedere le cose in profondità”, ed è indice di una chiara consapevolezza di ciò che sta accadendo mentre accade.
Samatha può essere tradotto come “concentrazione” o “tranquillità”. Ed è uno stato in cui la mente viene portata a riposo, focalizzata su un solo oggetto e senza che gli sia permesso vagare. Questa pratica, porta ad una profonda calma che pervade il corpo e la mente, ad uno stato di tranquillità che deve essere sperimentato per essere compreso.
La maggior parte dei sistemi di meditazione enfatizza la componente Samatha. Colui che medita, così, si concentra erroneamente solo su alcuni elementi, come la preghiera, un concetto, un canto, una fiamma di candela, un’immagine religiosa o qualsiasi altra cosa, ed esclude dalla concentrazione tutti gli altri pensieri e percezioni. Il risultato è uno stato di estasi che dura fino a quando colui che medita termina la sessione di seduta. È bello, delizioso, significativo e seducente: ma è solo temporaneo. La meditazione Vipassana, invece, aggiunge un altro fondamentale componente: l’intuizione.
Nella mediazione Vipassana, chi medita utilizza la sua concentrazione come uno strumento attraverso il quale, raggiungendo la piena consapevolezza, può staccarsi dal muro dell’illusione che lo distoglie dalla luce viva della realtà.
È un processo graduale di consapevolezza sempre crescente dei meccanismi interni della realtà stessa. Ci vogliono anni, ma con costanza, si riesce a buttare giù questo muro e trovare la luce.
Questo tipo di trasformazione è completa e del tutto permanente e si chiama Liberazione: questa è l’obiettivo di tutti i sistemi di pratica buddisti. Ma i percorsi per raggiungere tale scopo sono abbastanza diversi.
Sommario
La Pratica di Meditazione Buddista Più Antica
Vipassana è la più antica delle pratiche di meditazione buddista. Il metodo viene direttamente dal Satipatthana Sutta , un discorso attribuito a Buddha stesso. Vipassana è caratterizzata dal coltivare costantemente in maniera diretta e graduale, la consapevolezza personale. Procede gradualmente per un periodo che dura anni.
L’attenzione di chi la pratica è rivolta ad un intenso esame di alcuni aspetti della sua stessa esistenza, guardando alla propria esperienza di vita in maniera fluente.
Vipassana è una tecnica delicata, perché molto, molto profonda.
È un sistema antico e codificato per allenare la mente, una serie di esercizi dedicati a diventare sempre più consapevoli della propria esistenza. È ascolto attento, visione globale e autoanalisi accurata.
Con il Vipassana impariamo a studiarci accuratamente, a coinvolgerci appieno e a prestare davvero attenzione ai cambiamenti in atto, in tutte le esperienze. Impariamo ad ascoltare i nostri pensieri senza lasciarci coinvolgere da essi.
L’oggetto della pratica della meditazione Vipassana è imparare a vedere la verità dell’impermanenza, dell’insoddisfazione e dell’altruismo dei fenomeni.
Pensiamo di farlo già, ma è un’illusione. In realtà, stiamo prestando così poca attenzione alla crescente ondata della nostra esperienza di vita che potremmo anche dormire.
Semplicemente non prestiamo abbastanza attenzione per notare che non stiamo prestando attenzione.
Meditazione Vipassana Come Scoperta
Attraverso questo processo di analisi, diventiamo lentamente consapevoli di ciò che siamo veramente, cosa si nasconde dietro il nostro ego. Apriamo gli occhi su ciò che la vita è davvero: essa non è solo un susseguirsi di alti e bassi, svaghi e sfide. Questo è solo un’illusione.
“La vita ha una trama molto più profonda di quello che ci appare, rispetto a una visione approssimativa”
Vipassana è una forma di allenamento mentale che ti insegnerà a vivere il mondo in un modo completamente nuovo. Imparerai per la prima volta cosa sta veramente accadendo intorno a te e dentro di te. È un processo di auto-scoperta, un’indagine partecipativa in cui osservi le tue esperienze mentre accadono.
“Non importa cosa ti è stato insegnato. Dimentica teorie, pregiudizi e stereotipi”
La pratica deve essere affrontata con questo atteggiamento: “Non importa cosa mi è stato insegnato. Dimentico teorie, pregiudizi e stereotipi. Voglio capire la vera natura della vita. Voglio capire fino in fondo la mia esperienza di vita; conoscere le qualità vere e più profonde della vita e non semplicemente accettare la visione di qualcun altro. Voglio vederlo da solo”
Se persegui la tua pratica di meditazione con questo atteggiamento, avrai successo. Ti ritroverai ad osservare le cose in modo obiettivo, esattamente mentre accadono e cambiano di volta in volta. La vita assume quindi un’incredibile ricchezza, tale da non poter essere descritta. Solo sperimentata.
Vipassana e Bhavna
Il termine Pali per questo tipo di meditazione è: Vipassana Bhavana.
Bhavana ha la radice bh, che significa crescere o diventare. Perciò Bhavana significa anche coltivare ed è sempre usata in riferimento alla mente. Significa coltivare la propria mente.
Vipassana ha due radici. “Passana“, che significa vedere o percepire. “Vi“, che è un prefisso con un insieme complesso di connotazioni. Il significato di base è “vedere con profondità”. Ma ha anche la connotazione di “in” e “attraverso”.
L’intero significato della parola è: esaminare qualcosa con chiarezza e precisione, vedendo ogni componente come distinta e penetrante fino in fondo, per percepire la realtà fondamentale di quella cosa.
Questo processo conduce alla comprensione della realtà che sta alla base di tutto ciò che viene analizzato. Vipassana Bhavana insieme significa coltivazione della mente, mirata a vedere in modo profondo fino alla comprensione e alla consapevolezza piena.
Il metodo che stiamo spiegando qui è probabilmente ciò che Gotama Buddha insegnò ai suoi studenti. Il Satipatthana Sutta, il discorso originale del Buddha sulla consapevolezza, afferma specificamente che si deve iniziare focalizzando l’attenzione sulla respirazione e poi continuare a notare tutti gli altri fenomeni fisici e mentali che sorgono.
Ci sediamo, osservando l’aria entrare e uscire dai nostri nasi. A prima vista, questa sembrerebbe una procedura estremamente strana e inutile. Ma, prima di passare a istruzioni specifiche, esaminiamo ciò che sta alla base di questa semplice pratica.
Perché essere focalizzati è cosi importante
La prima domanda che potremmo porci è: perché usare questa attenzione? Dopotutto, stiamo cercando di sviluppare la nostra consapevolezza. Perché non semplicemente sedersi ed essere consapevoli di ciò che accade nella mente? In effetti, esistono meditazioni di quella natura. Si tratta di meditazioni non strutturate e sono piuttosto difficili.
La mente è ingannevole. Il pensiero è una procedura intrinsecamente complicata. Con ciò s’intende che siamo perfino intrappolati, avvolti e bloccati dal pensiero. Un pensiero porta ad un altro che porta ad un altro, ad un altro, ad un altro e così via. Quindici minuti dopo ci svegliamo all’improvviso e ci rendiamo conto di aver passato tutto quel tempo bloccati in un sogno ad occhi aperti o in una fantasia sessuale o in una serie di preoccupazioni per le nostre bollette o altro.
Usare il respiro come focus.
Serve come quel punto di riferimento vitale da cui la mente vaga e nella quale si ritira. La distrazione non può essere vista come distrazione a meno che non ci sia un focus centrale dal quale ci si possa distrarre. Questo è il quadro di riferimento rispetto al quale possiamo vedere i cambiamenti e le interruzioni incessanti che si susseguono continuamente come parte del pensiero normale.
Elefanti Selvaggi Domati
Gli antichi testi di Pali paragonano la meditazione al domare un elefante selvaggio: la procedura utilizzata è quella di legare l’animale appena catturato a un palo, con una corda molto resistente. Appena compiuto questo, l’elefante non è certo felice. Urla, scalpita e tira la corda per giorni. Alla fine capisce di non riuscire a scappare e si sistema. A questo punto puoi iniziare a dargli da mangiare e gestirlo con tranquillità. Alla fine puoi rinunciare del tutto alla fune e al palo, per addestrare il tuo elefante a compiere varie azioni.
Ora hai un elefante addomesticato a disposizione.
In questa analogia l’elefante selvatico è la tua mente senza freni, la corda è la consapevolezza e il palo è l’oggetto di meditazione, il nostro respiro. L’elefante addomesticato è una mente ben addestrata e concentrata che può quindi essere utilizzata un lavoro estremamente duro, quello di perforare gli strati di illusione che oscurano la realtà. La meditazione doma la mente.
Perché Respirare?
Un’altra domanda alla quale dedicare la nostra attenzione è: perché scegliere la respirazione come oggetto primario della meditazione? Perché non qualcosa di un pò più interessante? Le risposte a questo quesito sono numerose. Un utile oggetto di meditazione dev’essere quello che promuove la consapevolezza. Dev’essere alla portata di tutti, facilmente disponibile ed economico; ma anche qualcosa che non ci coinvolga in quegli stati mentali dai quali vogliamo liberarci come l’avidità, la rabbia e l’illusione.
La respirazione soddisfa tutti questi criteri, e altri ancora. È comune a ogni essere umano. Lo portiamo tutti con noi ovunque andiamo. È sempre lì, costantemente disponibile, non finisce mai dalla nascita fino alla morte e non costa nulla.
La respirazione è un processo non concettuale, una cosa che può essere vissuta direttamente senza bisogno del coinvolgimento del pensiero. Inoltre, è un processo vivo, in costante cambiamento. Il respiro si muove in cicli ripetuti di inspirazione ed espirazione. Quindi, è un modello in miniatura della vita stessa.
Il respiro è un fenomeno comune a tutti gli esseri viventi. Una vera comprensione esperienziale del processo, che ti avvicina agli altri esseri viventi. Ti mostra la tua intrinseca connessione con tutta la vita. Infine, la respirazione è un processo attuale.
Il primo passo per usare il respiro come oggetto di meditazione è sentirlo. Sentire la sensazione fisica e tattile dell’aria che passa dentro e fuori dalle narici. Il punto più facilmente riconoscibile è, solitamente, appena dentro al naso. Ma il punto esatto varia da persona a persona, a seconda della forma del naso stesso.
Per trovare il tuo punto, fai un respiro veloce e profondo e nota dove hai la più distintiva sensazione di passaggio dell’aria, appena dentro il naso oppure sulla parte superiore. Ora espira e nota la sensazione nello stesso punto. È da qui che puoi iniziare il processo del respiro.
Non Sempre Facile
Quando inizi questa procedura, aspettati di incontrare alcune difficoltà. La tua mente si allontanerà costantemente sfrecciando in giro, come un calabrone e scalpitando selvaggiamente. Cerca di non preoccuparti. Questo fenomeno è ben noto. È qualcosa che chiunque fa meditazione da tanto tempo ha dovuto affrontare. Ci sono riusciti tutti in un modo o nell’altro, ci riuscirai anche tu.
Però quando succede è bene farci caso. Mettere in evidenza che hai pensato, sognato ad occhi aperti, ti sei preoccupato o altro. Delicatamente, ma con fermezza, senza arrabbiarti o giudicarti per lo smarrimento, torna semplicemente alla sola sensazione fisica del respiro. Quindi fallo di nuovo la volta successiva, ancora, ancora e ancora.
In sostanza, la meditazione Vipassana è un processo di riqualificazione della mente. Lo stato a cui stai mirando è quello nel quale sei totalmente consapevole di tutto ciò che sta accadendo nel tuo universo percettivo:
esattamente come accade, esattamente quando accade;
una consapevolezza totale, ininterrotta e profonda.
Questo è un obiettivo incredibilmente alto e non può essere raggiunto tutto in una volta. Ci vuole pratica, iniziando dal piccolo.
Iniziamo diventando totalmente consapevoli di una piccola unità di tempo, una sola inalazione. Quando ci riesci, sei sulla buona strada per una nuova esperienza di vita.